28 gennaio 2015

COMBUSTIONE DEGLI SCARTI AGRICOLI O FORESTALI: GLI SCARTI VERDI ESCONO DAL CATALOGO DEI RIFIUTI SPECIALI


Combustione degli scarti agricoli o forestali: gli scarti verdi escono dal catalogo dei rifiuti speciali

di Mauro Calabrese


A pochi mesi dalla conversione, con modificazioni, del Dl 24 giugno 2014 n. 91, convertito a opera della legge 11 agosto 2014 n. 116, cosiddetto “Decreto Competitività&Crescita”, la terza sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza 7 gennaio 2015 n. 76torna nuovamente a pronunciarsi sulla controversa questione della combustione degli scarti agricoli o forestali, spingendosi fino a riscrivere il catalogo normativo dei rifiuti speciali.

La questione di fondo
Ricordiamo che, dopo lungo dibattito politico e controversi interventi normativi, sia a livello nazionale che regionale o locale, l’articolo 14 definitivamente approvato del Dl n. 91/2014 ha emendato il testo degli articoli 182 e 256-bis del Dlgs 3 aprile 2006 n. 152, cosiddetto Codice dell’Ambiente, per rispondere alle pressanti istanze provenienti dal mondo produttivo agricolo, onde depenalizzare le attività di abbruciamento “in pieno campo” dei materiali descritti dalla lett. f) del comma 1 dell’articolo 185 del medesimo Codice dell’Ambiente, ovverosia paglia, sfalci, potature e ogni altro materiale agricolo-forestale naturale non pericoloso, definite quali tradizionali pratiche agricole oggi consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze ammendanti o concimanti.
Come già sottolineato nelle precedenti pronunce emesse sul finire dello scorso anno, la Cassazione ha individuato nella formulazione della novella legislativa, la delimitazione di un’area di “irrilevanza” penale della condotta tipizzata, riguardante tali tipologie di materiali vegetali, purché rispondente a specifici requisiti normativi: che l’attività di raggruppamento e abbruciamento consentite per il reimpiego dei materiali come concimanti o ammendanti avvenga in piccoli cumuli, in quantità giornaliere non superiori a 3 metri steri per ettaro (circa 3 metri cubi), effettuate nel luogo di produzione, fuori dai periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, come dichiarati dalle regioni, e sempre che non intervengano provvedimenti amministrativi diretti a sospendere, differire o vietare la pratica della combustione in presenza di avverse condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e pericolose per la salute pubblica e la privata incolumità.
Rispondendo a tali requisiti, le pratiche, che altrimenti configurerebbero certamente i reati, previsti dal Codice dell’Ambiente, di gestione di rifiuti non autorizzata ex articolo 256 o la più grave fattispecie di combustione illecita di rifiuti ex articolo 256-bis, secondo la disciplina attualmente in vigore, rientrano tra le tradizionali pratiche agricole e della silvicoltura, senza comunque, sottolinea quindi la Cassazione, chiaramente definire quale sia lo specifico apparato sanzionatorio applicabile alla violazione dei limiti quantitativi giornalieri, del rispetto dei periodi di maggior rischio per gli incendi boschivi e delle limitazioni e divieti posti dalle amministrazioni locali.

La decisione della Cassazione
La recente pronuncia della Suprema corte, completa la ricostruzione interpretativa della novella legislativa, sottolineando come sulla base di tale ultima equiparazione, che esclude l’applicabilità della Parte IV del Dlgs n. 152/2006, dedicata alle “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”, alla paglia, sfalci, potature e ogni altro materiale agricolo non pericoloso reimpiegato in agricoltura e nella silvicoltura, i materiali in questione debbano essere ritenuti esclusi dal novero dei rifiuti.
Infatti, ricordano i giudici della terza sezione penale, ancora lo stesso Dl n. 91/2014 ha novellato l’articolo 256-bis, comma 6, aggiungendo un secondo periodo, a norma del quale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le sanzioni penali per la combustione illecita di rifiuti non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo forestale naturale, anche derivato dal verde pubblico o privato, e quindi, dal sistema così delineato, può desumersi in via interpretativa che gli scarti vegetali sono esclusi dal novero dei rifiuti e che a essi non sono di conseguenza applicabili né l’articolo 256-bis, che contiene, del resto, un’espressa esclusione in tal senso, né soprattutto l’articolo 256, che si riferisce ai soli materiali riconducibili alla categoria dei rifiuti.
Ancora, la Corte si spinge oltre e rende più sistematica la formulazione normativa del Codice dell’Ambiente di cui all’articolo 184, comma 3, lett. a), secondo cui sono rifiuti speciali non pericolosi “i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.”, laddove afferma che rientrano in tale categoria, con applicazione quindi delle norme sanzionatorie del medesimo Codice, soltanto quei rifiuti agricoli e agroindustriali diversi da quelli utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa mediante processi e con metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana (secondo il disposto del richiamato articolo 185, comma 1, lett. f), visto che tra tali metodi rientrano ora, per espressa previsione del legislatore, il raggruppamento e l’abbruciamento effettuati in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a 3 m steri per ettaro, nel luogo di produzione ex articolo 182, comma 6-bis.

Assoluzione dell’imputato e motivazioni
Così argomentando, infatti, la Cassazione giunge a pronunciare l’assoluzione di un imputato di smaltimento senza autorizzazione, mediante incenerimento a terra, di scarti vegetali, affermando il principio secondo cui le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli in quantità giornaliere non superiori a 3 m steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lett. t), del Dlgs n. 152/2006, effettuate nel luogo di produzione, non sono sanzionate penalmente ai sensi degli articoli 256 e 256-bis del medesimo Dlgs, neanche quando esse siano effettuate nei periodi di rischio per gli incendi boschivi indicati dalle Regioni, potendo tali condotte essere soltanto sanzionate in via amministrativa, così come previsto, del resto, più in generale dal novellato secondo periodo del comma 6 dello stesso articolo 256, secondo cui le sanzioni penali per la combustione illecita di rifiuti non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo forestale naturale, anche derivato dal verde pubblico o privato.

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28 Gennaio 2015
 Quotidiano Enti Locali & PA – Il Sole 24 Ore









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