29 dicembre 2014

NON CI SONO PIÙ SOLDI PER ENTI REGIONALI (SAREBBE BENE PERÒ CHE SPARISSERO), FORESTALI (IL CUI ESUBERO CI VIENE RINFACCIATO DA TUTTA L'ITALIA), CONSORZI DI BONIFICA (NON BONIFICANO NULLA)



Editoriale

REGIONE, DRAMMA E COMMEDIA
SI CHIUDA IL SIPARIO



Il vecchio 2014 va via. Viene voglia di ramazzare tutta la spazzatura rimasta. Fatta di piccole e grandi cose che ingombrano la casa comune, cioè le nostre città, la nostra terra, la Sicilia. Insomma, la nostra vita. Lo spettacolo quotidiano si svolge tra il dramma e la commedia. Un «Ieri oggi e domani» in parte già vissuto, e un altro, a sipario ancora aperto, sul presente e sul futuro, da inventare. I protagonisti di ieri li conosciamo. I Cuffaro, i Lombardo e tutti gli altri di contorno, personaggi sciasciani, hanno vissuto il loro dramma; quelli di oggi, Rosario Crocetta e la sua compagnia di giro (quanti amici ed ex, assessori ed ex, signor presidente!), sono ancora in piena commedia. Sono più martogliani che pirandelliani, dove i ruoli sono ridotti a macchiette.
Da Crocetta ci si aspettava una amministrazione alla luce del sole, senza dietrologie, senza compromessi. Invece cambia ad ogni giro di valzer. Ora persino l'assessore all'Economia, Alessando Baccei, il "commissario" mandato da Palazzo Chigi, non va bene. «La Sicilia - tuona il governatore - non deve morire di rigore». Di malapolitica e di malaffare, certamente, sì. Baccei ha avuto il torto di lanciare un allarme: «Dalle entrate in bilancio è sparito un miliardo». Non ci sono più soldi per enti regionali (sarebbe bene però che sparissero), forestali (il cui esubero ci viene rinfacciato da tutta l'Italia), consorzi di bonifica (non bonificano nulla). E all'Ars, accusa sempre Baccei, si seguono tempi da caffè. Nessuno dei deputati, difatti, si è presentato all'incontro con l'assessore. Ovviamente erano a prendere il caffè. Nessuno vuole mollare il "fortino Regione". Cacciare questa gente sarà difficile. L'Isola è la prima in Italia nella spesa per stipendi, consulenze e rimborsi vari. Il costo è di 575 milioni l'anno, 115 euro pesano su ogni cittadino.
Intanto i problemi continuano ad affliggere le nostre città. Se non è la cultura è il turismo, se non è la sanità è la sporcizia. Di lavoro è inutile parlare. Non c'è. Sono mali comuni che stressano i cittadini. La "pattumiera Sicilia" si riempie sempre più. Non riusciamo a creare discariche o termovalorizzatori come in altri paesi. C'è sempre qualcosa che non va. O un "affare" non in linea con i desiderata dei soliti del "fortino". E siamo contenti di mandare i rifiuti all'estero a costi altissimi. La raccolta differenziata tocca appena il 10% rispetto a una media nazionale del 30%. Il business complessivo è di circa dieci miliardi di euro. Siamo sporchi lo stesso. E anche incoscienti. La corruzione è pari ai rifiuti: ci sommerge. La trovi negli stessi uffici pubblici, dall'impiegato al dirigente. I loro tutor sono assessori, sindaci, dirigenti. Coltivano un sistema di affari il cui esempio più macroscopico si è avuto di recente a Roma.
Davanti a questi problemi generali, sembrano poca cosa gli altri che riguardano le singole realtà. Prediamo per esempio Catania. Alcune precarietà le abbiamo menzionate tante volte, ma a fine anno vale la pena ribadirle. La cultura: i teatri, Stabile e Bellini, sono lasciati ancora al loro destino, costretti a elemosinare per la loro sopravvivenza, con dirigenti sfiduciati perché sono nell'impossibilità di operare. Non si può essere solo orgogliosi perché orchestra e coro del Bellini si esibiscono a Pompei, quando la casa, intendiamo il Teatro, brucia, cioè è in bolletta, e quando dietro le quinte è in corso una battaglia per qualche poltrona. Sanità: basta andare in alcuni ospedali per constatare un clima di precarietà. In molti settori tra l'altro mancano i primari. I casi Pellicanò e Cantaro sono emblematici di una guerra fatta di ripicche da cortile e di preconcetti personali incomprensibili. Il commercio: langue. Il Natale ha fatto qualche strenna, ma tutto limitato a pochi guadagni. La gente nei centri commerciali va a passeggiare più che a comprare.
In questo clima si può spiegare la delusione di un utopista come Antonio Presti. L'avergli impedito assieme ai suoi ragazzi di Librino di accendere nel vecchio centro storico il rito della luce, è come avergli rifiutato il dono che voleva fare a una città della quale è innamorato. Le accuse al sindaco e, soprattutto, all'amico Enzo Bianco, di «non essersi sentito protetto e garantito», rivelano l'onestà dell'uomo fuori dalle "regole", talvolta ciniche, della politica. Così, come del resto è in tutta la Sicilia. Ecco perché all'inizio parlavamo di dramma e di commedia. Sarà un bene per tutti e che, arrivati a questo punto, quel sipario sempre aperto, lo si chiuda. E lo si riapra al più presto, speriamo, con attori più seri.


28 Dicembre 2014








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